
Furono più di 6.000 le donne che si arruolarono volontarie nella Rsi dopo l'8 settembre, inquadrate nel Servizio Ausiliario Femminile. Le loro testimonianze aprono non solo uno squarcio su quei terribili mesi ma sono uno strumento di analisi delle scelte politiche e della cultura femminili.

Dopo l'8 settembre del 1943 si era formato nell'Italia del Nord un esercito femminile di sei mila volontarie, che, in quel momento lacerante, aveva scelto di battersi per Mussolini ed a fianco dei Tedeschi (primo esempio nella storia italiana di volontarie inquadrate nelle forze armate). Le donne che, per motivi di legami stretti con il regime e l'ideologia fascista, aderirono, con incarichi di ausiliarie dell'esercito, alla Repubblica Sociale Italiana, propongono di osservare da un'ottica diversa e difficile quegli anni: le loro testimonianze sono uno strumento di analisi delle scelte politiche e della cultura femminili. Erano animate da amor di patria, spirito di avventura, desiderio di sfuggire ad un ruolo femminile predeterminato, voglia di competere con l'uomo, maschio dominante, specie nell'universo fascista. Le ausiliare, lasciate le famiglie, indossarono la divisa ed appuntarono orgogliose il gladio sul bavero della giacca per andare incontro ad un destino che sembrava già segnato: molte morirono combattendo, moltissime altre subirono sevizie materiali e morali da parte di soldati alleati e partigiani.
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Da "L'ALTRA METÀ DI SALÒ" di STEFANIA MAFFEO